1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Non sono uno scrittore, semmai un musicista. La musica è il mezzo d'espressione che mi è di gran lunga più congeniale, quindi più che di un'emozione parlerei di una tensione verso la ricerca di un linguaggio il più possibile semplice, lineare e comprensibile. Si tratta di tematiche talvolta complesse, di carattere tecnico, legate a esperienze professionali del tutto reali, ma nel contempo fortemente legate alle necessità quotidiane di giovani e adulti. Sento la necessità di comunicare esperienze dirette fuggendo gli inutili paludamenti che spesso appesantiscono i testi accademici, quel gergo che nell'ambiente scolastico chiamiamo "didattichese". Un travestimento che rappresenta quanto di più lontano e scoraggiante per chi voglia accostarsi a nuovi indirizzi nel campo dell'insegnamento, nel mio caso della musica.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto, tutto. Il libro prende spunto da esperienze e riflessioni personali, elaborate basandomi sull'esperienza di tanti anni passati in cattedra a scontrarmi quotidianamente con i problemi pratici che la realizzazione di un progetto didattico musicale presenta. Insegnare non significa, come forse qualcuno potrebbe credere, percorrere una strada segnata e immutabile ma, al contrario, confrontarsi ogni giorno ed ogni ora con la realtà che ti circonda e spesso improvvisare sul tema, senza timore di tradire qualcuno o qualcosa. Credo che la peggior forma di autoannientamento, per un insegnante, sia pensare: "Si è sempre fatto così". Pochi lo dicono ma molti lo fanno, magari inconsciamente o per pigrizia. Io cerco di fornire un piccolo contributo per aiutare a superare l'atteggiamento statico caratteristico di molti colleghi.